martedì 24 aprile 2012

condivido una lettera di Maurizio Costantino

Tengo un sogno. Ricordo molto bene quella sera del 1 maggio 2012: un Servizio Pubblico aveva invitato attorno ad un tavolo il portavoce dei pastori sardi, quello del movimento degli studenti di Bologna, un giovane calzolaio umbro, Roberto Saviano, don Ciotti, la presidente delle piccole imprese di Forlì, una signora con un cartello sul petto – madre di handiccapato - c'era scritto sopra, quel ferroviere che era stato due mesi sulla torre a Milano, don Gallo ed l'ex vescovo di Locri, Stefano Rodotà ed uno dei tre licenziati Fiat/Fiom di Melfi. C'erano anche: un signore con una bandierina greca sul cappello, e un operaio dei Cantieri di Sestri. E Gino Strada. E Benigni, che si sedette proprio mentre Santoro diceva semplicemente: “Tocca a voi”. Il portavoce dei pastori sardi prese la parola per primo: - Ci sono solo due cose che abbiamo deciso insieme di premettere a questo incontro. La prima l'abbiamo scritta insieme nel pomeriggio ed ora ve la leggerò. La seconda è un proverbio sardo, che, semplicemente e reciprocamente ci ricorderemo ogni volta che sentiremo apparire un attrito tra noi. Il proverbio dice: una minuscola impazienza può far impazzire la ricotta. Il silenzio, intorno – nello studio e nelle piazze collegate, mi sembrò in quell'istante più forte di tutte le bugie che per secoli si era preteso di farci ingoiare. Sembrava accogliere, quel silenzio, il silenzio a cui erano stati costretti tutti i nostri genitori e tutti quelli prima di loro, mandati a morire come armi di distruzione di massa o lasciati, spinti a morire nella violenza dell'avidità. O lontano da casa o prigionieri e prigioniere delle mafie di casa... Ecco il testo che venne letto. “A noi, seduti qui, sembra ora di esserci sempre cercati, ma non lo sapevamo. E sentiamo una gioia tanto profonda quando timida per esserci oggi trovati. Noi sappiamo che troppo, troppo, troppo – infinitamente troppo - si è morti, si muore e si morirà per responsabilità di altri umani i cui occhi sono oscurati dalla paura di vivere semplicemente. Noi non perderemo nemmeno un istante a parlare contro qualcosa o qualcuno. Qui si parlerà stasera solo del per. Ognuno si sforzerà di mettere il suo dolore al servizio della sua necessità di sopravvivere, insieme, tutti. E se qualcuno si perderà nella sua giusta rabbia, gli altri cercheranno di capirlo e si daranno da fare per aiutarlo a ritrovarsi oltre. Viviamo in stato di guerra. Guerra non dichiarata e praticata attraverso l'uso di alcuni di noi contro noi stessi. Oggi con la più vile delle tattiche: l'assedio per fame. Prendere e prenderci i nostri figli per fame. Nessuno di noi, da solo, ha oggi l'intelligenza, i mezzi, la forza per salvare sé stesso ed i propri figli. Da solo. Ma, come ci hanno raccontato i nostri padri ed i nostri nonni e, sempre, tutti quelli indietro nei tempi, ci sono solo due cose che contano: lavorare per farci il pane quotidiano ed aiutarci. E' certamente ora di aiutarci. Questo è il perché siamo attorno a questo tavolo. Ed a chiedere, suggerire, implorarvi che ogni tavolo nelle nostre case sia insieme il luogo del pane e dell'aiuto. L'uno, oggi più che mai, necessario all'altro. Vediamo ora cosa ognuno di noi, qui raccolti, può dire per aiutarsi ed aiutarci. Io intanto ripeto: una minuscola impazienza può far impazzire la ricotta.” Ricordo ancora il silenzio. Il silenzio. E gli occhi dolci, grati, intelligenti. Umani. Inquadrati in carrellata dalla telecamera dalle piazze e dal quel tavolo. Io credo che non avessero proprio deciso chi, come, iniziare a parlate. Ma quella donna si tolse il foglio di carta dal petto, lo ripiegò con cura sul tavolo e disse: La torta è così grande. E' questo che mi fa impazzire quando mi tolgono ogni sostegno ed io non posso aiutare mio figlio a imparare a leggere, a camminare più dritto, a toccare le cose di questo mondo. Non dico che diventi come gli altri, ma solo quanto io spero che possa fare, che abbia un posto in questa vita ...semplicemente perché è un umano pure lui. Io ho visto che il Fondo Monetario Internazionale ha detto che la crisi italiana durerà fino al 2017. Bisogna credergli a questi signori. Bisogna prenderli sul serio, li sanno fare i loro calcoli e pensano che ci vorranno 5 anni. 5 anni per ridurci completamente al silenzio. Altri cinque anni di suicidi. Tutti procurati. Io dico una cosa semplice assai: dobbiamo chiedere, ottenere una legge che valga appunto per i prossimi cinque anni e che dica: Nessuno in Italia per i prossimi 5 anni potrà guadagnare più di venti volte quanto guadagnato da un altro in quella impresa, in quel ministero, in quel posto di lavoro. E questo valga anche per appalti, subappalti, immigrati con o senza permesso di soggiorno Ovunque ci siano persone che lavorano insieme, con qualunque tipo di contratto: 1 a 20. E stop. Tutto quello che sarebbe stato speso in salari, stipendi bonus e malus e rimborsi e tutte le schifezze che si inventano ...tutto quello andrà in sanità e scuola. E pagare, a piccole rate, il debito. Grazie. Pensavo anche di chiedervi scusa, forse sono stata troppo facile. Ma ora sento che è tempo di finirla di chiedere scusa. E vi ringrazio. E, nel silenzio tutt'intorno, presero a passarsi la parola. Ognuno disse una cosa semplice alla volta e tutta la notte - in diretta - man mano che la “conversazione” andava avanti apparvero idee, obiettivi, soprattutto inviti a mettersi tutti intorno a tavoli. Anche i sorrisi apparvero e qualche lacrima. E qualche lacrima di gioa. Ed io mi sentivo di partecipare per la prima volta a qualcosa di sacro, come immerso in un'acqua scaldata dalla pelle di tutti loro, dentro e fuori lo schermo, e poi rinfrescata dalle nostre intelligenze e dalle onestà, dal bisogno di verità di ognuno. Oggi è il 21 aprile 2017, sono passati 5 anni e il debito, in Italia, ma anche in Grecia e Spagna e Portogallo, è passato al 90% del PIL, che è cresciuto nel frattempo del 5% l'anno; in tutte le scuole d'Italia si è letta, raccontata la Divina Commedia e, sempre nelle scuole, si è cominciato a sceneggiarne alcuni canti e ragazzi e bambini si portano la Divina Commedia in giro, d'estate, nelle piazze, nei comuni, in montagna ed al mare. Turisti e cittadini apprezzano; la maggioranza dei medici italiani sono contenti di poter fare finalmente il loro mestiere, lo stesso per gli insegnanti e persino per gli imprenditori. Tutti quelli che avevano rubato continuano a vivere di quello che avevano rubato, ma hanno smesso (quasi tutti, ne appare ogni tanto qualcuno di nuovo); Molte città hanno dedicato le loro strade alle vittime della mafia, della fame e della disperazione, con nome e cognome; Il Papa si è autoridotto lo stipendio; in Europa, non solo non si fanno più guerre tra europei, ma nemmeno guerre non dichiarate: 1 a 20 funziona ed è diventato il made in Italy più esportato; Quasi ovunque si può vedere l'insegna disegnata da Dario Fo con sopra scritto TAVOLO PER IL NOSTRO PANE: comitati di sopravvivenza popolare sono in tutti quartieri e villaggi; tutto cambierà ancora: la democrazia è una cosa viva, si ammala, rischia di morire ed a volte davvero muore. Intanto la scrematura dei candidati ai posti di potere e di responsabilità avviene a km. quasi zero ed i Bilanci Partecipati vengono sottoposti alla conoscenza, all'esame ed alla critica dei bambini nelle scuole medie di tutta Italia e, naturalmente, di tutti i cittadini; tutti stanno meglio, persino i ricchi (anche se c'è sempre chi non si accontenta mai). Per la visione integrale del video di quella serata del 2012 – sembra un'altra epoca – vai a: www.umanità.network Il video è usato correntemente in tutte le scuole, di ogni ordine e grado ed in tutte le facoltà universitarie. Non si tratta evidentemente di essere d'accordo sui contenuti, ma di non dimenticare il metodo: lavoro, insieme, non fare impazzire la ricotta. maurizio costantino (free copyright)

venerdì 20 aprile 2012

a proposito di felicità

La domanda "ma io sono felice?" è stata la chiave che ha permesso la svolta nella mia vita ed ora è uno strumento che uso spesso con i miei clienti.
Chiedere: "ma tu sei felice? ti rende felice quello che fai?" ha spesso un potere devastante nella consapevolezza delle persone.
Tante volte la domanda non è neppure compresa, persone che dedicano tutta la giornata al lavoro, che guadagnano magari molti soldi e che però si sentono vuote, oppure persone che si sono sposate e continuano a vivere con una persona che non li interessa e spengono la loro passione mi guardano come se fossi pazzo, come se la domanda non fosse pertinente.
“Siccome si fa così, siccome quello è il modello anche io faccio così e la felicità sarà sicuramente il risultato della mia capacità ad aderire al modello, quindi sarò felice se riuscirò a fare più soldi, se riuscirò a fare assomigliare il mio matrimonio alla casa del mulino bianco....”
potrei andare avanti un'ora con gli esempi, in un qualche modo ci siamo dentro tutti.
È necessario un totale cambio di prospettiva ma non è semplice perchè aderire a un modello non mi espone, non richiede un reale mettersi in gioco, accettare di chiedersi “che cosa voglio io veramente?” può essere molto pericoloso, può mettermi di fronte a scelte difficili, per cui non mi sento pronto.
Ecco perchè concedermi la domanda "ma io sono felice?" può essere così potente, mi riporta immediatamente al presente, manifesta l'illusione di una possibile felicità fuori da me, lontano da quello che io sono in questo momento. Mi dà l'opportunità di contattare il buco, la mancanza.
L'unica via che conosco per ritrovare la Felicità è permettermi di entrare nel buco, sentire l'angoscia e la paura che si manifestano in questo contatto, lasciare che queste forze mi mostrino la falsa immagine che ho di me, sentire la delicatezza e la vulnerabilità nascoste da questa immagine e lasciarla cadere. Allora accade qualcosa di straordinario, si apre lo spazio, non so più chi o cosa sono, semplicemente sono. Sono felice e la felicità non dipende da qualcosa che è fuori o dentro ma semplicemente dall'essere.

martedì 17 aprile 2012

i cerotti contro il dolore


Stavo proprio ascoltando alla radio la pubblicità di uno di questi cerotti e mi saliva una certa incazzatura perchè te li presentano  come una soluzione semplicissima e innocua al dolore, poi alla fine dello spot passa velocissimo il messaggio "è un medicinale, può avere controindicazioni anche gravi" che sembra quasi che sei uno sfigato se ti succede qualcosa.
Poi leggo la notizia qui sotto ed è evidente la pericolosità di certi prodotti, certo su un bambino gli effetti sono evidenti ed immediati ma non penso proprio che per gli adulti siano così insignificanti come vorrebbero far pensare.
Abbiamo una responsabilità verso il nostro corpo e la nostra salute, dobbiamo iniziare a difendereci dalla leggerezza di certe informazioni ed usare molta meno chimica per vivere bene.


11:22 17 APR 2012

(AGI) - Torino, 17 apr. - E' fuori pericolo di vita il bambino entrato in coma ieri, a Cirie', per l'applicazione di un cerotto antidolorifico. Il piccolo, ricoverato all'ospedale Regina Margherita di Torino, ha iniziato ieri sera a svegliarsi e a respirare da solo. Ora e' ancora in stato confusionale, ma i medici pensano di trasferirlo gia' in giornata dal reparto di Rianimazione. Il bambino, cui la nonna avrebbe applicato per sbaglio il cerotto domenica sera (pensando si trattasse di un comune cerotto) lo ha tenuto a contatto con la pelle per una notte intera. Il cerotto rilascia gradualmente Fentanil, un oppiaceo cento volte piu' potente della morfina, prescritto solo ad adulti per il trattamento del dolore cronico. Per il piccolo non dovrebbero comunque esserci conseguenze, anche se la prognosi resta al momento riservata, in attesa della valutazione delle prossime ore.

lunedì 16 aprile 2012

ricevo da Ornella



“Sono stravolta. Sai cos’ho fatto ieri sera?
Ho chiamato tre mie amiche.
Ho mandato via mio marito e mio figlio.
Ho spostato il divano e il tavolo in soggiorno (sapevo che i vicini erano via), abbiamo fatto spazio.
Ci eravamo abbigliate per l’occasione: li vedi questi stivali? (mi mostra un paio di aderentissimi stivali rossi sfavillanti) Eh, adesso qua in ufficio li tengo giù ma l’altra sera li ho tirati su, sopra le ginocchia, con una bella minigonna.
Bene, tutto pronto… ho caricato un cd di musica anni 70.
Abbiamo ballato come delle matte, dio quanto abbiamo ballato. A un certo punto non c’ero più.. ero in un altro mondo. Non c’era più la mia vita di tutti i giorni… che roba!
Ma che bello, quanto abbiamo ballato.. e chiacchierato, e riso, e fumato e bevuto..
Stavamo così bene….  Senza menate, senza uomini… libere, vicine, che emozione, incontenibile!
Ah, ecco, io lo so che sono fatta per quello, ho bisogno di scatenarmi, esprimermi, esplodere! e di stare in mezzo a gente viva, leggera!
Sono nata per quello, lo so.
E pensare che normalmente faccio tutt’altro..”

Questa è Ernestina, una cinquantenne tutta pepe, addetta alla contabilità, uno dei lavori più usuranti per la vitalità di un essere umano.
Stamattina, mentre raccontava, i suoi occhi splendenti per cinque minuti hanno illuminato tutto l’ufficio.