sabato 30 marzo 2013

Kirghisia

Oggi, per caso, mi è arrivata questa lettera dalla Kirghisia, la condivido con tutti perchè io il sogno di vita condivisa ancora ce l'ho.
Da"Lettere dalla Kirghisia" di Silvano Agosti edizioni l'Immagine.

"Kirghisia, 3 luglio

non sono venuto in Kirghisia per mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso.
Improvvisamente ho assistito al miracolo di una società nascente, a misura d'uomo, dove ognono sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permenete non è un'utopia, ma un bene reale e comune.
Qui sembra essere accaduto tutto ciò che negli altri paesi del mondo, a secoli, non riesce ad accadere.
Arrivando in Kirghisia ho avuto la sensazione di "tornare" in un luogo nel quale in realtà non ero mai stato. Forse perchè da sempre sognavo che esistesse.
Il mio strano "ritorno" in questo meraviglioso Paese, è accaduto dunque casualmente.
Per ragioni tecniche, l'aereo sul quale viaggiavo ha dovuto fare scalo due giorni nella capitale.

Qui in Kirghisia, in ogni settore pubblico e privato, non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un'eventuale ora di straordinario. le rimanenti 21 o 2o ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività, all'amore, alla vita, a sè stessi, ai propri figlie e ai propri simili.
La produttività è così triplicata, dato che una persona felice sembra essere in grado di produrre, in un giorno, più di quanto un essere sottomesso e frustrato rieca a produrre in una settimana.
In questo contesto, il concetto di "ferie" appare goffo e perfino insensato, qui dove tutto sembra organizzato per festeggiare ogni giorno della vita.

L'attuale concetto occidentale di ferie, risulta feroce, quanto la concezione stessa del lavoro, non soltanto perchè interferisce in modo profondo con il senso della libertà, ma perche ne trasforma e deforma il significato.
Nel periodo delle ferie, milioni di persone sono obbligate a divertirsi, così come nel resto dell'anno sono obbligate a lavorare senza tregua, a sognare di trovare un lavoro o a guarire dai guasti delle malattie, causate da un'attività lavorativa coatta e quotidiana.
Questo meccanismo delle otto ore di lavoro ogni giorno, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi, depressioni, malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre l'occasione della vita.

La proposta risanatrice di questi invisibili orrori, si è risolta nello stato della Kirghisia, dove sono state realizzate una serie di riforme che in pochi anni hanno modificato le abitudini e i comportamenti dei suoi cittadini.
La corruzione politica si è azzerata pechè in questo Paese, chi appartiene all'apparato governativo, esercita il proprio ruolo in forma di "volontariato", semplicementecontinuando a mantenere per tutta la durata del mandato politico lo stesso stipendio che percepiva nella sua precedente attività. Quando ho saputo che ogni realtà politica nasce da una forma di volontariato, ho finalmente capito perchè, ogni volta che vedo un rappresentante del parlamento italiano parlare alla televisione, c'è qualcosa sul suo volto che rivela un'incolmabile lontananza da ciò che sta dicendo.
Ecco, ora mi è chiaro che chiunque abbia, come i nostri deputati occidentali, uno stipendio minimo di 40 milioni di lire al mese , non può in alcun modo essere convincente, in ciò che dice, pensa o fa.
Qui in Kirghisia, la possibilità di dedicare quotidianamente alla vita almeno mezza giornataha consentito la realizzazione di rapporti completamente nuovi tra padri e figli, tra colleghi di lavoro e vicini di casa.
Finalmente i genitori hanno il tempo di conoscersi veramente far loro e di frequentare i propri figli.
I parhi sono ogni giorno ricolmi di persone e il traffico stradale è oltre 4 volte inferiore, dato il variare degli orari di lavoro.
Le fabbriche sono in attività produttiva continua, ma chi fa i turni di notte lavora solo 2 ore.
Già al terzo anno di questa singolare esperienza è stato rilevato un fenomeno molto importante.
Il consumo di droghe, sigarette, alcoolici è diminuito in modo quasi totale e i farmaci rimangono in gran parte invenduti.
Certo, tutto ciò può sembrare incredibile a chi, come voi cari amici, è costretto a credere che l'attuale organizzazione dell'esistenza in occidente sia la sola possibile.

In Kirghisia, la gestione dello Stato, oltre a essere una forma di volontariato, si esprime in 2 governi, uno si occupa della gestione quotidiana della cosa pubblica, l'altro si occupa esclusivamente al miglioramento delle strutture.
Ho incontrato il Ministro per il Miglioramento delle Attività lavorative che ha in progetto, nel prossimo quinquennio, di ridurre ulteriormente per tutti il lavoro obbligatorio a 2ore al giorno invece delle attuali 3.
Il Ministro è convinto che solo un'umanità liberata dal lavoropossa essere vramente produttiva.
E' anche certo che si possa scoprirel'operosità del fare, solo realizzando, nel tempo libero, ciò che si desidera.
Ho fatto bene a decidere di rimanere in Kirghisia, e non me ne andrò finchè continuerò ad avere questa strana sensazione di vivere, qui, all'interno di un sogno comune.

Un abbraccio a tutti."

mercoledì 27 marzo 2013

un altro caso

D. è un uomo di 35 anni con fisico possente, mi ha chiamato perchè tre giorni prima giocando col bambino è rimasto bloccato.
Quando lo vedo mi dice che il medico gli ha diagnosticato una forte contrattura muscolare e che ha già fatto punture di miorilassante e di antinfiammatorio.
Il braccio destro risulta praticamente bloccato, non può muovere la testa, stare seduto gli procura un dolore insopportabile e anche stenderlo sul lettino si verifica difficoltoso, lo aiuto con dei cuscini in modo che la posizione supina non gli risulti troppo scomoda. Durante la sessione l'unica posizione sopportabile è con le braccia alzate dietro la testa, penso a una qualche lesione infra-costale ma al tocco non riesco a percepire fulcri né a livello del torace, né a livello del collo, provo a liberare il diaframma respiratorio ma con poco successo.
Il dolore è comunque troppo intenso e D. non è in grado di rilassarsi, alla percezione ho un fulcro sull'articolazione sacro-iliaca a destra e uno L4-L5. D. mi conferma che è un suo punto spesso dolente. Ritengo che siano fulcri non pertinenti al problema della contratture e mi concentro sulla parte alta. Finisco la sessione scoraggiato, non c'è stato alcun beneficio, evidentemente CS non può risolvere tutto.
Per tutta la mattina successiva mi rimbalza in testa quel fulcro sulla sacro-iliaca, chiamo D. e gli chiedo se se la sente di fare una nuova seduta.
Quando lo vedo la situazione è identica a quella del giorno precedente, lascio perdere le spalle e il collo e inizio a lavorare dai piedi, ancora quel campanello sulla sacro-iliaca, bene liberiamo quello che si presenta. In pochi minuti le gambe si distendono un pochino e decido di lavorare dal sacro, pian o piano la colonna si mostra, resto in questa presa per quasi 30 minuti senza accorgermene.
Sento che posso accedere alla testa, lascio libero potere all'istinto, le mani vanno direttamente in C0-C1, è una cosa che non faccio mai senza avere prima coccolato un po' il collo ed ascoltato bene le cervicali. La presa provoca dolore, chiedo a D. di provare ad accettarlo un po', di provare a starci, il collo non molla, la testa è protesa in avanti ma ora ho chiara la percezione del braccio destro e di quel pugno serrato. D. è un paziente nuovo, non so come reagirà di fronte a una richiesta di rilascio emozionale, ma quel braccio urla vendetta. Gli chiedo se per caso il giorno che si è bloccato non è successo qualcosa, se per caso ha litigato con qualcuno, mi conferma di aver avuto una discussione sul lavoro e che sta passando un momento terribile, gli chiedo allora di provare a dare qualche pugno sul lettino e di provare a dire “vaffanculo”. Se lo concede appena, all'inizio ridendo, ma è sufficiente. In pochi istanti arriva un pianto che gli permette di scaricare la frustrazione, sento sulle mie dita il collo mollare. La testa può appoggiarsi nelle mie mani.
Risulta evidente in questo caso che una emozione non metabolizzata ed espressa provoca un irrigidimento del sistema che ha la necessità di contenerla. Accompagnare il cliente a sentire e riconoscere quanto è bloccato sotto l'armatura muscolare può essere la chiave per portare alla soluzione del dolore.

lunedì 18 marzo 2013

Qualche caso

Dolori inspiegabili, senso di stanchezza, irritabilità, ansia, insonnia, pianto immotivato.... sono tutti segnali di un trauma intrappolato nel corpo.
Ho deciso di pubblicare qualche caso perchè spesso questi segnali non sono letti in maniera corretta e pensiamo che la soluzione migliore sia soffocarli.
Se invece impariamo a riconoscere il trauma come un evento energetico in cui l'organismo non è stato in grado  di liberarsi di un eccesso di energia incamerata ed è stato costretto a immagazzinarlo nel corpo sotto forma di tensione possimo intervenire per liberarci dal dolore e dai sinntomi correlati.
Una delle maggiori cause di trauma sono gli incidenti stradali che purtroppo lasciano complicazioni che si manifestano anche anni dopo l'evento. Quelli che presento sono casi in cui al CranioSacrale ho aggiunto altre tecniche per la liberazione emozionale, infatti CS ci permette di lavorare senza dover per forza scatenare le tensioni emotive ma trovo che utilizzare queste tecniche permetta una più veloce risoluzione e per i clienti una migliore comprensione delle dinamiche che hanno creato il disagio.

"Quando affrontiamo una sessione di CranioSacrale dobbiamo avere ben presente che stiamo lavorando con una storia ricca di traumi e che quanto viene trattenuto nell'organismo ha grandi componenti emotive.
Il primo caso è quello di M. che ha avuto un incidente di macchina 8 mesi fa, era al volante con a fianco suo figlio e, ferma al semaforo, è stata tamponata da dietro da un'auto che sopraggiungeva.
Al momento, oltre allo spavento e a qualche dolore, sembrava non ci fossero particolari conseguenze.
Ora, dopo otto mesi, avverte dolore alle spalle, al collo, senso di aver perdutola stabilità, senso di allarme con perdita del sonno. E' arrabbiata col suo corpo perchè era un periodo che finalmente si sentiva bene e radicata ed è bastato un incidente da poco per farle perdere di nuovo l'equilibrio raggiunto.
Per lei avere un corpo finalmente libero dal dolore è essenziale in quanto le è necessario per la sua attività.
M. è una persona che ha già fatto molto lavoro su di sé, è insegnante di yoga, ha quindi un'ottima capacità di contattare il corpo ed esprimere le emozioni. Abbiamo già lavorato insieme in altre occasioni e ho quindi una intimità col suo sistema. Possiamo quindi procedere immediatamente lavorando sul nucleo del trauma, abbiamo a disposizione risorse sufficienti per avvicinarci al momento del trauma senza il pericolo di rimanerne intrappolati di nuovo.
In altro caso sarebbe stato necessario dedicare più incontri per preparare un terreno solido su cui lavorare.
Durante la sessione riusciamo a contattare la rabbia che è rimasta intrappolata nel suo sistema e a dirigerla nella giusta direzione, cioè verso la persona che ha causato l'incidente. Può esprimere la rabbia con urla e pugni su un cuscino. Chi l'aveva tamponata era un vecchietto, e la mente razionale di M. non poteva accettare un'emozione così forte rivolta contro una persona fragile, che oltre tutto si era dimostrata molto gentile e dispiaciuta dell'accaduto.
Liberata la rabbia che era l'emozione trattenuta di superficie abbiamo avuto accesso alla paura che è seguita all'incidente, in auto era col figlio, quindi c'era una forte preoccupazione che non si fosse fatto male e una forte paura che, a seguito del tamponamento, arrivassero auto dalle vie laterali che potessero colpirla ancora.
A questo punto la sessione si è svolta nel rallentare i tempi dell'incidente in modo che il suo sistema potesse scaricare l'energia assorbita, riprendere possesso del territorio (abitacolo della macchina) assicurarsi che non fosse accaduto nulla di grave a lei e a suo figlio, assicurarsi che le auto che arrivavano dalle vie laterali si fossero fermate e che non c'era più alcun pericolo.
Come ultimo passaggio della sessione le ho fatto rivivere l'incidente ma, questa volta, trovando una soluzione alternativa a quanto accaduto, questo ha provocato un'esplosione di gioia ed euforia. Dopodiché, con una musica dolce, l'ho lasciata libera di muovere il corpo nella stanza in modo che potesse riassestare il sistema fasciale e liberare la tensione rimasta.

La settimana successiva M. era molto sollevata, il dolore era praticamente scomparso e il sonno stava riprendendo il ritmo naturale, abbiamo fatto una sessione di CS per sciogliere le tensioni residue e liberare i tessuti, soprattutto il rachide cervicale, dagli effetti dell'incidente.
Appena ho appoggiato le mani sul collo tutto il sistema ha iniziato ad attivarsi, con forte mobilità degli occhi, tale attivazione è giunta inaspettata perchè pensavo di aver liberato il sistema dal trattenuto emotivo la settimana precedente. In pochi minuti diventava evidente che ci stavamo infilando in un vortice traumatico di forte intensità, la sensazione era che si stava presentando qualcosa di antico, la finalità della sessione era però di liberare i tessuti dall'effetto dell'incidente, ho quindi lasciato la presa e accompagnato M. nelle risorse finchè il sistema non si è tranquillizzato.
Abbiamo quindi ripreso la sessione di CS, ho dichiarato esplicitamente l'intento della sessione chiedendo a M., al suo inconscio, di non rientrare in quel trauma che si era presentato, che avremo potuto lavorare su quell'avvenimento in seguito, quando ci saremmo sentiti pronti per farlo.
La sessione è proceduta senza altri imprevisti.
A questo punto credo siano sufficienti una o due sessioni di CS per restituire al sistema l'originaria mobilità e benessere.
Alla fine ho chiesto cosa fosse successo, mi ha risposto che era qualcosa legato al parto e si era ricordata che la nonna le aveva detto che per aiutarla ad uscire aveva dovuto prenderla e tirarla per la testa.
È quindi probabile che il trauma al collo dovuto all'incidente sia stato collegato inconsciamente al trauma di nascita avvenuto anch'esso a livello del collo e che una volta liberato emozionalmente il primo il sistema abbia presentato il più antico. Essenziale è per l'operatore avere ben chiaro l'intento per non farsi trascinare in un vortice traumatico dietro l'altro, per dare al sistema il tempo necessario e un contenitore ricco di risorse sufficiente a dirigere la sessione."